Bio

Enzo Altobelli nasce a Napoli il 27/11/1926. Il suo rapporto con la musica inizia all’età di cinque anni, quando la madre Annita gli regala il suo primo violoncello.

Appena quindicenne, ancora con i calzoni corti, siede già nell’orchestra sinfonica del Teatro San Carlo di Napoli, come ci racconta il suo amico Paolo Isotta nel libro “La virtù dell’elefante”.

Nella prima fase della sua formazione musicale, ha un ruolo determinante il famoso violoncellista Sergio Viterbini (1890-1943) che diviene il suo maestro.

Nel 1944, ancora a Napoli, studia presso il Conservatorio “San Pietro a Majella”, contemporaneamente al pianista Sergio Fiorentino. Insieme compaiono nel programma di quell’anno, suonando il repertorio classico nel concerto annuale che attinge ai giovani musicisti più talentuosi del Conservatorio.

Dopo un concerto a Salisburgo

Dopo gli anni della guerra, durante i quali muore il padre in un incidente, la musica ritorna nella città di Napoli dove, nel 1947, Enzo vince il primo premio assoluto all’International Ensemble Contest di Monza (dove Arturo Benedetti Michelangeli è in commissione), con Mario Rocchi (violino) e Sergio Fiorentino, colleghi con i quali forma Il trio di Napoli.

In questo periodo, è ancora presente come strumentista nell’ Orchestra Alessandro Scarlatti della RAI di Napoli e nel suo Complesso da Camera, con compagni cari come il pianista Vincenzo Vitale, i violinisti Mario Rocchi, Angelo Stefanato e il violista Bruno Giuranna.

Nel 1951, partecipa alla formazione del gruppo dei Musici con altri undici strumentisti italiani, alcuni studenti dei Corsi di perfezionamento dell’Accademia di Santa Cecilia e di altre Scuole napoletane. L’idea è quella di creare un’orchestra da camera «inter pares», con sei violini, due viole, due violoncelli, un contrabbasso e un clavicembalo.

I Musici

La sua originalità è anche quella di costituire un organico senza un regista, per raggiungere un’unione musicale egualitaria che possa creare un consenso nell’interpretazione del suo repertorio.

Emblematiche furono anche le parole di elogio, da parte di un direttore d’orchestra come Arturo Toscanini, che ascoltando i Musici nell’aprile del 1952, durante una prova alla RAI di Roma, volle consegnare loro una sua fotografia con questa dedica: «Bravi, bravissimi! No, la musica non muore. »

Dopo il loro debutto il 30 marzo 1952 all’Accademia di Santa Cecilia, I Musici, noti anche come I Musici di Roma, furono protagonisti assoluti del mondo dei concerti internazionali. Insieme hanno raccolto l’eredità della musica italiana del settecento, contribuendo alla conoscenza di compositori di quel periodo, che allora erano quasi sconosciuti. E’ un dato di fatto, che le Quattro Stagioni di Vivaldi siano diventate famose con I Musici. Hanno anche avuto un enorme successo in tutto il mondo, suonando Mozart, Mendelssohn, Bach e Haendel, vendendo oltre 25 milioni di dischi.

Nel 1970, Enzo Altobelli decide di intraprendere insieme ai violinisti Felix Ayo, Alfonso Ghedin ed il pianista Carlo Bruno, una nuova esperienza musicale, forse più profonda, fondando Il Quartetto Beethoven di Roma.

Il quartetto Beethoven di Roma

Riunendo così i loro talenti, ottengono un successo internazionale, non solo grazie alla grande esperienza professionale, ma anche per la freschezza interpretativa  del repertorio pianistico che va oltre quello esclusivamente barocco. Registrano, tra gli altri, i quartetti di pianoforte di Mozart, Beethoven, Schumann, Brahms e Faurè, vincendo nel 1977 il Premio della critica italiana per la loro registrazione dei Quartetti per pianoforte di Beethoven.

Come primo violoncellista, su invito del Maestro Fasano entra a far parte dei I Virtuosi di Roma. Nel 1979, dopo la morte del maestro, costituisce il gruppo I solisti Italiani, mettendo insieme dodici solisti senza direttore.

Forma inoltre Il Trio Schostakovich, con Angelo Stefanato e Margaret Barton, per suonare il repertorio contemporaneo.

Nel campo didattico, è stato insegnante di violoncello al Conservatorio di Santa Cecilia a Roma.

Enzo Altobelli suonava un Pietro Guarnieri del 1694.